panama+270HP2/I5OYY e HP2/IK5RUN da NA-170 e NA-202

Si, possiamo dire che questa volta è stata un’ avventura vera, una di quelle cose che difficilmente vanno nel dimenticatoio, tanto che sembra di riviverla attimo per attimo anche dopo che si è conclusa.

Tutto inizia attraverso l’amicizia con persone sconosciute, incontrate non sui vari social network, ma semplicemente incontrate in radio oltre dieci anni prima, navigatori non per caso ma appassionati di mare e luoghi lontani. Ci siamo poi incontrati personalmente ed è nata una vera amicizia, fino ad arrivare ad oggi. L’idea di poter visitare luoghi ai confini della civiltà si è concretizzata al momento che il nostro amico navigatore si è fermato nell’arcipelago delle isole San Blas a Panama, dove pensa di restare fino alla primavera 2015 per poi attraversare il canale di Panama e il Pacifico fino all’arcipelago di Luisiadi in Papua Nuova Guinea. Per noi radioamatori la parola “isola” equivale a IOTA, quindi parte l’idea di poter attivare qualcosa di buono e visitare luoghi diversi, detto fatto. Simone IK5RUN e io contattiamo Claudio, il nostro navigatore IZ5VTC, durante la traversata atlantica e cominciamo a buttar giù il progetto, la proposta è di poter attivare NA-170 San Blas e NA-202 Isla Grande con annesso faro HP-2121.

Affannosamente cerchiamo di richiedere le autorizzazioni necessarie, con i soliti problemi di sempre ma, supportati dai responsabili del nostro Ministero di via Pellicceria, alla fine riusciamo ad avere uno straccio di documento che ci autorizza a trasmettere da Panama.

Partenza il 14 marzo prima dell’alba, sosta a Panama City per la notte e il 15 mattina partiamo dal Principe Hotel con un pick-up stracarico di rifornimenti, oltre ai nostri bagagli, alla volta di Cartis, sulla costa caraibica, vale a dire quasi tre ore per attraversare Panama dalla costa sul Pacifico all’altra sull’Atlantico, un tratto sulla Panamericana e un altro all’interno della foresta tropicale del territorio Guna Yala, per alcuni “Kuna Yala”, con tanto di dogana, tassa d’ingresso e tempesta tropicale a darci il benvenuto. A Cartis la strada, peraltro quasi tutta asfaltata ma più simile alle montagne russe, finisce in una piazzola sulla riva del fiume Cartis Grande e da li veniamo imbarcati su una lancia veloce che ci porterà in mare aperto sull’imbarcazione finale.

La stanchezza non si fa sentire, tutto intorno a noi è uno spettacolo della natura, il mare e tutti gli isolotti da cartolina sembrano finti, ma è tutto vero, siamo arrivati finalmente nell’arcipelago delle San Blas, ci viene accordato il permesso di salire a bordo del catamarano CUSH, sono oramai le 14,00 ora di Panama e un calcolo veloce mi dice che, escluso il tempo trascorso in albergo a far finta di dormire, sono passate circa 30 ore di viaggio dalla partenza da casa, ma Claudio IZ5VTC, il nostro amico e comandante, ci promette di farci trascorrere una ventina di giorni indimenticabili.

San Blas, un arcipelago di 378 tra isole e isolotti di qui 49 abitate, anche se negli isolotti appena vivibili, dove al centro dell’isola viene scavata una buca da dove attingere l’acqua parzialmente dissalata dalla sabbia e dalle radici delle palme che viene usata per lavarsi, c’è quasi sempre una capanna o due con famiglie di etnia Guna, in genere pescatori, mentre le donne costruiscono e commerciano braccialetti di perline e “molas,” pezzi di stoffa sovrapposti e coloratissimi cuciti a mano, tipici della tradizione Guna.

Nell’arcipelago non ci sono porti per attraccare, ogni volta che decidiamo di sbarcare su un’isola dobbiamo farlo col tender, e ogni volta si deve caricare e scaricare tutto l’occorrente, dalla macchina fotografica al generatore.

Decidiamo di chiedere il permesso per sbarcare su una di queste isole e poter montare i nostri apparati per trasmettere, non è semplice, la signora Guna che abita l’isola non parla spagnolo, ma una lingua incomprensibile che non è neppure simile allo spagnolo, ma tutti, e dico tutti, hanno il telefono cellulare quindi riusciamo a contattare un Guna che porta i turisti sulle isole e ci fa autorizzare a sbarcare con i nostri balocchi, sborsandogli 5 dollari USA che è la moneta corrente.

Partiamo con le trasmissioni e con i problemi, il generatore a 110 V non regge i picchi in SSB, neppure sopporta il piccolo PA da 300 W, poi riproviamo con un generatore più grosso a 220 V, ma cambia poco, in più abbiamo del rumore statico fluttuante, specialmente nelle frequenze più alte, facciamo fatica ad ascoltare e come soluzione finale decidiamo di operare con un solo apparato, usare dipoli verticali monobanda e prevalentemente in RTTY. Nei giorni successivi abbiamo operato da altre isole sempre NA-170 ma abbiamo anche dovuto accettare qualche rifiuto a montare le radio, fortunatamente ci sono anche altre cose da fare oltre la radio.

Il giorno 26 sera decidiamo di partire alla volta di Isla Grande NA-202, dovremo percorrere 40 miglia nautiche di notte in mare aperto, il comandante traccia la rotta e partiamo che è quasi mezzanotte, fuori un buio pesto e un mare bestiale forza 4/5 senza frangenti ma con onde che sembrano colline, il CUSH non fa una piega ma beccheggia e ogni tanto sbatte la pancia, nessun punto di riferimento vicino o lontano. Potremmo dire “notte movimentata” ma c’è stato anche il tempo di dormicchiare e all’alba, dopo 8 ore di maraccio, entriamo in una baia a nord ovest di Isla Grande NA-202. Questo gruppo di isole è diverso dalle San Blas, sono isole rocciose ed anche relativamente alte, più turistiche e più facilmente raggiungibili da Colon, infatti qui ci sono dei villaggi turistici e un sacco di imbarcazioni a vela ancorate a Porto Lindo, che poi non è un porto, e nelle baie riparate dal vento.

Abbiamo preso contatto con il personale di un villaggio turistico e molto gentilmente ci hanno consentito di allestire la postazione radio, ci hanno fornito anche di energia elettrica ma ogni giorno dovevamo montare e smontare al tramonto, perché di notte non ci era concesso rimanere nel territorio del villaggio.

Le operazioni da NA-202 terminano il giorno 1 aprile e il 2 ripartiamo verso San Blas, questa volta di giorno, ma poco cambia, il mare aperto ci accoglie con onde di 5/6 metri che il CUSH scollina tranquillamente, navighiamo prima a motore e poi a vela, a volte le prue del catamarano entrano nell’onda successiva, è uno spettacolo, l’acqua schizza ovunque, il vento è costante e ci permette una velocità media di 8/9 nodi, ma quando arriviamo sulla punta sud di Porvenir e ci accingiamo a rientrare nel reef delle San Blas oramai vicini al tramonto, ci accorgiamo che il vento ha lasciato il segno sulla randa, due piccoli strappi.

Poi il rientro a casa.

Ci sarebbero tante altre cose da raccontare, le aragoste, i ricci di mare, il maiale che è morto di fame ( e questa non è una battuta ), i mosquitoes, i barracuda, la difficoltà per fare rifornimento di carburante e di viveri, le stelle marine, gli altri italiani che svernano in barca alle San Blas, i delfini, il pesce leone, i relitti sulla barriera, la birra Balboa e il vino cileno, un mondo a parte che sopravvive incontaminato forse solo perché è fuori dal mondo.

Alla fine di un’avventura come questa sono d’obbligo i ringraziamenti, prima a Claudio IZ5VTC per averci ospitato, poi ai nostri familiari che ogni tanto ci autorizzano una zingarata, al team di Longaus Viaggi che trova sempre la soluzione migliore per volare e infine a tutti quei radioamatori che hanno avuto tanta pazienza per collegarci.

Claudio lo si può trovare su skype come “CATACUSH”, o “Claudio Abbandonati”, su facebook come “CUSH ALLWAYS”  ci sono tutti gli aggiornamenti con foto dedicate.

 

73, Danio I5OYY & Simone IK5RUN

Categories:

Tags:

Comments are closed

Supporta ARI Prato
Sezioni del blog
Storico degli articoli